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Consulta: illegittime le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre

La Corte costituzionale nel solco del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio: entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale

La Corte costituzionale ha esaminato oggi, 27/4/22, le questioni di legittimità costituzionale sulle norme che regolano l’attribuzione del cognome ai figli. In particolare, la Corte si è pronunciata sulla norma che non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e su quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale fa sapere che le norme censurate sono state dichiarate illegittime per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

FAMIGLIA – MATRIMONIO – SCIOGLIMENTO – DIVORZIO – OBBLIGHI – VERSO LA PROLE – IN GENERE Divorzio – Contributo per il mantenimento di figli maggiorenni non autosufficienti – Interesse morale del figlio – Rilevanza diretta – Esclusione – Fattispecie.
Corte di Cassazione – sezione I , Ordinanza n. 2020 del 28/01/2021
In tema di assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne non autosufficiente, a seguito del divorzio dei genitori, l’interesse morale è un canone che, nella sua immediata portata, resta estraneo alla previsione di cui all’art. 337 ter, comma 4, c.c., rilevando esclusivamente quale fine destinato ad ispirare l’esercizio della responsabilità genitoriale e i relativi provvedimenti giudiziali, tenuto conto che l’assegno di mantenimento serve ad assicurare, insieme con la cura, l’educazione e l’istruzione, anche le frequentazioni e le opportunità di crescita sociale e professionale del figlio. (Nella specie la S.C. ha respinto il motivo di ricorso del padre, che aveva domandato la riduzione dell’assegno divorzile di cui era stato gravato in favore dei figli, sostenendo che un assegno troppo elevato potesse nuocere al loro interesse morale).

FAMIGLIA – POTESTA’ DEI GENITORI Procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale – Ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento – Obbligo del giudice – Fondamento.
Corte di Cassazione Sez. 1, Ordinanza n. 1474 del 25/01/2021
In tema di provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo, in relazione al quale incombe sul giudice che ritenga di ometterlo un obbligo di specifica motivazione, non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore, ma anche qualora opti, in luogo dell’ascolto diretto, per quello effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che solo l’ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione del minore al procedimento che lo riguarda.

ASSEGNO DI MANTENIMENTO – IN GENERE Assegno di mantenimento – Determinazione – Criteri.
Corte di Cassazione – sezione 1 – Ordinanza n. 975 del 20/1/2021
In tema di determinazione del “quantum” dell’assegno di mantenimento, la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi.

PROCEDIMENTO CIVILE – TERMINI PROCESSUALI – SOSPENSIONE Sanzioni amministrative per violazioni inerenti al rapporto di lavoro o al rapporto previdenziale – Opposizione ad ordinanza ingiunzione nel regime di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 150 del 2011 – Controversie ex artt. 409 e 442 c.p.c. – Esclusione – Conseguenze – Sospensione dei termini nel periodo feriale ai sensi della l. n. 742 del 1969 – Applicabilità.
Corte di Cassazione – Sezioni Unite, Sentenza n. 2145 del 29/01/2021
Nel regime introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 150 del 2011, le controversie, regolate dal processo del lavoro, di opposizione ad ordinanza-ingiunzione che abbiano ad oggetto violazioni concernenti le disposizioni in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro, di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria, diverse da quelle consistenti nella omissione totale o parziale di contributi o da cui deriva un’omissione contributiva, non rientrano tra quelle indicate dagli artt. 409 e 442 c.p.c. per le quali l’art. 3 della l. n. 742 del 1969 dispone l’inapplicabilità della sospensione dei termini in periodo feriale; ne consegue che, ai fini della tempestività dell’impugnazione, avverso la sentenza resa in tema di opposizione a ordinanza ingiuntiva del pagamento di una sanzione amministrativa per violazioni inerenti al rapporto di lavoro o al rapporto previdenziale, deve tenersi conto di detta sospensione.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 18 marzo 2021 n. 2316 –
Giustizia amministrativa – Sentenza – Revocazione – Per errore di fatto – Ex art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c. – Presupposti necessari affinché esso sussista – Individuazione.

Giustizia amministrativa – Sentenza – Revocazione – Ex art. 395, comma 1, n. 4 c.p.c. – Per errore di fatto – Nel caso in cui si censuri la interpretazione del Giudice relativa ad un contratto di avvalimento – Inammissibilità, trattandosi di errore di diritto.

1. L’errore di fatto – per essere idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395, n. 4, c.p.c. – deve rispondere a tre requisiti: 1) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato; 2) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; 3) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa. L’errore deve, inoltre, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche. Si configura, dunque, come un “abbaglio dei sensi”, per effetto del quale si determina un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa. Insomma, l’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., deve consistere in un travisamento di fatto costitutivo di “quell’abbaglio dei sensi” che cade su un punto decisivo ma non espressamente controverso della causa (1).

2. E’ inammissibile un ricorso per revocazione ex art. 395, comma 1, n. 4 c.p.c., ove il ricorrente abbia censurato, specificamente e sostanzialmente, la interpretazione fornita dal Giudice in sentenza relativa ad un contratto di avvalimento – ritenuto generico, mentre tale non sarebbe stato; in tal caso, infatti, ancorché possa effettivamente configurarsi l’inesatta attività ermeneutica del Giudice, si è al cospetto non già di un errore di fatto, bensì diritto, frutto dell’ordinario procedimento logico di interpretazione del contratto di avvalimento, che costituisce momento essenziale dello ius dicere (2).

CORTE COSTITUZIONALE – sentenza 17 marzo 2021 n. 41 – Pres. Coraggio, Red. Amoroso – (giudizi promossi dalla Corte di cassazione con due ordinanze del 9 dicembre 2019, iscritte, rispettivamente, ai numeri 84 e 96 del registro ordinanze 2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 28 e 34, prima serie speciale, dell’anno 2020).

Giustizia civile – Corti d’appello – Giudici ausiliari – Previsti dagli artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98 – Assegnazione del giudice onorario ausiliario all’esercizio delle funzioni giurisdizionali esercitate dagli organi collegiali, salva la possibilità di sostituzioni o integrazioni dei collegi, disposte con provvedimenti provvisori – Illegittimità costituzionale fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall’art. 32 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 – Va dichiarata.

Va dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui conferiscono al giudice ausiliario di appello lo status di componente dei collegi delle sezioni della corte d’appello come magistrati onorari e non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall’art. 32 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57) (1).

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